Sulla piazzetta, al centro del borgo, adorna di annosi ippocastani, si erge la Chiesa interparrocchiale di S. Antonio Abate, da cui il paese prese il nome di Villa S. Antonio.
Costruita nel 1349 “in solo et in fundo Lateranensi”, essa dipese per molto tempo direttamente da quel capitolo per l’annuo canone di due libre di cera.
Il portico antistante un tempo arrivava fino alla casa parrocchiale, sul confine della villa Faustini.
L'ingresso della chiesa, sotto l’ampio portico, si fa molto ammirare per il portale in pietra calcarea bianca, doviziosamente ricamato con leggiadri motivi: i due pilastri, poggianti su plinti con stemmi della comunità, sono ornati di vaghe candeliere, rami, fiori, maschere e terminano con capitelli compositi corinzi e ionici; la trabeazione ha listelli sghembi, perline, ovuli e fuseruole; nella fascia stemmi, volute, ramicelli, grifi, piatti con frutta, svolazzo di nastri e le chiavi decussate della patriarcale Basilica Lateranense.
Lungo l’architrave, sormontato dal timpano triangolare, è un’iscrizione, dai classici caratteri, con il nome del Priore e dei Promotori dell’ opera:
"OPUS EDITUM PIO AERE DO. FRANCISCO
DE R. ROSATO. DAGNELI PRI. IO. MAFFI
C. DAMIANO P. ET. LUCA. S. CON.
PROCURANTIBUS. SUB ANNIS MDXIII"
ARCHITETTURA:
L’opera del 1513, eseguita alla maniera di Rocco Vicentino, può essere attribuita ad uno degli ignoti artisti lombardi, che operavano nell’alto Nera, alla fine del ‘400 e all’inizio del ‘500, come dimostrano gli accostamenti fatti da studiosi del nostro portale con la tomba di S. Eutizio (1514) presso Preci, con il portale della Pieve di Mevale, un tabernacolo a Spello ed il portale della Madonna delle Lacrime di Trevi.
L’interno, a croce latina, ad una navata, è stato restaurato nel 1952, mentre nel 1970 è stato rifatto il tetto. Entrando, a sinistra, notiamo un altare barocco della metà del ‘600 in legno intagliato con colonne tortili, arabescate con rami e foglie, capitelli corinzi, timpano e trabeazione a dentelli e fregi vari.
Nel nicchione si venera la Madonna della Pietà. Il gruppo ligneo, del ‘500 della scuola dei petraioli ed intagliatori vissani, molto simile a quello di Macereto è stato rubato da ignoti nel 1976 e non più ritrovato.
Nel 1984, nella nicchia, su iniziativa dello scrivente, è stata collocata un’altra statua in terracotta, eseguita e donata dallo scultore Alessandro Pagliuchi di Roma.
Nella statua il bravo scultore ha profuso la sua arte plastica, modellando una Madonna dal viso dolce ed affabile, inondato di una calda luminosità, che si espande nelle linee fluide della veste, esaltandone la plasticità.
Sulle sue ginocchia il vivace Bambino ben si armonizza con la benevolenza materna, rivelando l’intimità del sentimento e della religiosità che caratterizzano le opere del Pagliuchi.
Essi non sono privi di pregi, specialmente quello di destra, dal disegno ampio ed armonico, dove figura la Madonna in trono con corona in testa, dalla quale parte un ampio manto che scende a volute su una veste stretta ai fianchi da una cintura che dà il nome all’immagine (Madonna della Cintura).
Il quadro, a sinistra, rappresenta S. Tommaso di Villanova che distribuisce, da una parte: le elemosine ad alcuni poveri e, dall’altra, le doti ad alcune zitelle.