La prima notizia di questa abbazia benedettina, molto probabilmente fondata prima del Mille, risale al 1171. San Ginesio la acquistò al suo territorio nel 1252.
Il complesso, completamente ristrutturato nel secolo XVII, nella facciata e nell'aula presenta i segni di quel rimaneggiamento.
Rimane intatto invece il fascino della splendida cripta, per la cui costruzione i Monaci reimpiegarono mirabilmente i materiali che venivano dalla vicina città romana di Urbs Salvia.
La presenza massiccia di materiale di risulta di epoca romana, evidente nei capitelli di tipo ionico e nelle colonnine a fusto marmoreo che circondano l'altare, conferisce grande preziosità e sacralità all'ambiente.
STORIA:
Inserita nel piccolo abitato di Macchie, dove la valle del fiume Fiastrella si restringe, a pochi chilometri dall'abitato di San Ginesio, l'antica S. Maria Macularum - che conserva intatta la cripta romanica e frammenti romani recuperati dalla vicina colonia di Urbs Salvia - apparteneva ad un'abbazia benedettina, il cui anno di fondazione non è documentato.
Attualmente è pertanto la cripta ben conservata ad esprimere i valori stilistici propri dell'architettura romanica. La facciata della chiesa, risalente al XVII secolo, fu sopraelevata e conclusa da un timpano curvilineo, mentre l'originario rosone che vi si apriva, di cui appaiono deboli tracce, fu tamponato e al suo posto furono praticate quattro finestre rettangolari.
Un'attenta lettura del prospetto evidenzia, tuttavia, l'originaria ghiera in cotto del portale ed alcuni frammenti marmorei a fregi e volute, ivi inseriti, che manifestano la loro derivazione romana.
L'impianto a navata unica della chiesa, coperta con volte a padiglione, e la forte sopraelevazione sulla cripta del presbiterio, a cui sono state addossate nel XVII secolo due ampie cappelle, rimandano ad un'impostazione planimetrica medievale.
Maggiore interesse artistico riveste la cripta, risalente al XII secolo.
L'ambiente, di vaste dimensioni, risulta diviso in sette piccole navate coperte da volte a crociera con sesto leggermente rialzato, impostate su colonnine in laterizio sormontate da capitelli poggianti su collarino, dall'identica forma a tronco di cono con smussature angolari, privi di decorazione eccetto due che presentano motivi decorativi vegetali e animali.
La presenza massiccia di materiale di risulta di epoca romana, evidente nei capitelli di tipo ionico e nelle colonnine a fusto marmoreo che circondano l'altare, conferisce grande preziosità e sacralità all'ambiente creandovi una sorta di "recinto sacro", come nell'eremo di Sant’Angelo in Prefolio (Serravalle del Chienti), ove trova utilizzazione come colonna una pietra miliare, posta in antichità lungo la strada consolare Flaminia, recante un'iscrizione in lode dell'imperatore Costanzo II (337-361 d. C.), fatta incidere dal governatore Pisidio Romolo.
La particolarità del reperto è infine accentuata dall'interessante capitello montatovi a rovescio identificato come un oomphalos, decorato con un motivo a rilievo raffigurante due sfingi affrontate poggianti su un thymiaterion e una coppia di buoi ai lati.